Berlin, 2009

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Tuesday, May 17, 2011

La Rosa dei Venti, 4

1) Il copyright, come diritto di copia, sarebbe del tutto superfetativo in un contesto ove l’autenticità dell’originale non fosse questionata.


2) Infatti, ben prima di salvaguardare i diritti di copia in un contenuto in cui la possibilità di riproduzione aumenta esponenzialmente, il copyright sposta il carattere ontologico ed economico dell’‘oggetto riprodotto’ in carattere prettamente mediatico.


3) Stabilire il diritto di copia non si caratterizza come un procedimento additivo all’oggetto in sé, piuttosto significa stabilire il diritto di ri/produrlo. Come la rinomanza, anche la riproduzione è caratterizzata da due momenti (il momento produttivo ed il momento riproduttivo) che non possono essere scinti.


4) Nella valenza mediatica della ri/produzione confluiscono sia ontologia che economia. Sarebbe erroneo pensare che la realtà mediatica divenga ontologica ed economica (in qualsivoglia visione utopica o apodittica) o che possa sostituire tali realtà. La realtà mediatica (o virtuale) solo apparentemente ambisce a sostituire la realtà ontologica. In realtà le si pone accanto alterandone la valenza, come la riproduzione si accosta alla produzione: la realtà ontologica diventa allora mediatica “in se stessa.” In altri termini: l’essere non smette d’essere, ma esiste soltanto mediaticamente. Non comprenderne a fondo la valenza, può risultare fatale.


5) Ontologia ed economia continuano a sussitere soltanto mdiaticamente nel copyright.


6) L’altro polo del diritto di ri/produzione è l’invenzione.


7) Se il bottino di guerra nel processo culturale poteva esser considerato un accumulamento di oggetti autentici che fossero contemporaneamente preservati ed abusati, il bottino di guerra mediatico è l’informazione: sempre e soltanto una questione di copyright. Significa il diritto di riproduzione ed accesso alla rinomanza. Significa anche sigillare la rinomanza: il nome nella parola.


8) La costituzione del nome nella parola: la sua rinomanza, è il dominio mediatico del copyright.


9) Le implicazioni della componente mediatica in qualsiasi ontologia emerge considerando l’aspetto del brevetto nel copyright. Quest’ultima non potrebbe essere imposta su alcun ritrovamento ontologico. Eppure la ‘natura’ mediatica ella scoperta è l’in/venzione. Il sigillo mediatico è appunto il brevetto che viene posto sull’invenzione [inventare/trovare].


10) In questa prospettiva non vi è ninete che non possa essere brevettato perché non vi è essere che non sia mediatico. Si è mediaticamente.


11) Il nome è un arcaico strumento per il copyright. La carta d’identità sancisce il diritto di copia sulla persona o la ‘natura’ mediatica dell’individuo. Se inizilamente aveva potuto sembrare uno strumento biopolitico di determinazione ed identificazione, infatti sancisce la veste mediatica della perosna. Di qui l’inquietudine che si ha guardando vecchie carte d’identità che si appellano ad una sistematizzazione tanto anacronistica come le misure del corpo, i colori e l’immagine del volto della persona.


12) Tutto ciò che porti seco un senso storico o temporale, ogni residuo mnemonico, deve venire abolito nel coyright che mantiene inalterato soltanto se stesso e nessun dato contingente che minacci la mediaticità.


13) In tal senso il nome sulla cartà d’identità, l’arcano della rinomanza rivela nel suo ‘corpo’, nella sua ‘nudità’, un anacronismo. La rinomanza privilegia infiniti pseudonimi o microchips.


14) L’immagine digitale è un ottimo esempio d’in/venzione. Indica, oltre la riproducibilità, immediatamente la medialità. In tal senso, dove il copyright aderisce alla riproducibilità, il brevetto esprime direttamente la medialità del digitale.

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