Berlin, 2009

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Thursday, June 12, 2014

krinein


krinein: fra critica e crisi.
Tempi di crisi dividono le genti ed è compito dello spiritico critico riunire ciò che viene così diviso. Sia critica che crisi derivano etimologicamente dal greco krinein: giudicare, decidere. Questo pare suggerire che per giudicare occorre dividere come anche per decidere occorre dividere, tagliare (caedere: tagliare). Il verbo inglese to decide segue la medesima derivazione. Ma anche in tedesco decidere (entscheiden) ricalca la stessa matrice etimologica; infatti scheiden significa dividere.
Il pensiero e la politica dividono allo stesso modo? Tempi critici pongono alcune persone contro altre, acuiscono ed inaspriscono le divergenze creando baratri fra gli individui. La logica dell’homo homini lupus viene esasperata sul principio della scarsità delle risorse, creando lotte intestine. Così l’organismo politico non può più digerire, crescere, metabolizzare e trasformarsi. Divide et impera pone la facoltà del giudizio (il dividere dello spirito critico) al servizio del comando, così vanificando l’acutezza, la perspicacia e l’intelligenza del singolo e del collettivo.
La storia insegna che situazioni critiche in realtà uniscono le persone, e nel momento del bisogno vero pure i nemici più acerrimi si aiutano a vicenda perché la somma delle forze si traduce in una loro moltiplicazione esponenziale e quel che è impossibile per il singolo diviene fattibile per una forza collettiva. Eppure vediamo che molto spesso, e contro-intuitivamente, tempi di crisi dividono le persone. È la storia della moltiplicazione del pane e dei pesci soltanto rovesciata: se c’è un solo pezzo di pane foss’anche stantio tutti lottano contro tutti per questo misero pezzetto. È però evidente che non solo cento persone ma anche una sola persona morirà presto se davvero vi è un solo pezzetto di pane cui cibarsi e se non lavoriamo assieme alla produzione di altro grano. Ma i poteri prestabiliti usano questa consueta metafora per rovesciare gli uni contro gli altri e mantenere il proprio potere ben fermo.
Vediamo oggi il maschilismo, il razzismo, la xenofobia, la transfobia, l’antisemitismo, l’omofobia, l’islamofobia... emergere sempre più violentemente nella nostra società. È certamente vero che quando il numero dei posti di lavoro si riduce, rassicura e rinforza precludere alle donne, agli omosessuali, ai/alle trans... una libera e paritaria concorrenza per tali occasioni. Questo è anche il motivo percui, specialmente in momenti di crisi, il sistema giuridico e sociale dovrebbe rafforzare il potere di difesa degli individui svantaggiati, ed è ancora più assurdo udir protestare che vi siano altre priorità. La difesa di coloro sulla linea di fondo è la priorità assoluta proprio quando “tutti” sono nei guai, perché alcuni soffriranno della crisi molto più rispetto ad altri.
Questi sentimenti di odio e di disprezzo dell’“altro” legati a pregiudizi e fobie violente vengono espressi molto spesso non dai membri più abbienti della società, a meno che questi non svolgano una funzione politica o mediatica di specchio della realtà, o presunta tale, nel qual caso, in qualità di rappresentanti dell’opinione pubblica si sforzano di esprimere la massima vemenza contro gli emarginati ed oppressi, quando anche, paradossalmente, nel loro privato, ne provino una simpatia o ne possano persino talvolta far parte. Gli individui del ceto medio-alto, medio-basso e basso sono proprio coloro che molto spesso danno espressione a questa rabbia ed avversione verso “gli altri.”
Molto spesso sono anche alcuni svantaggiati ad odiare gli altri, così per esempio gli omosessuali ad essere razzisti, i poveri ad essere xenofobi... Questo è appunto il fenomeno della lotta dei poveri per il singolo pezzo di pane: una lotta del tutto fantasmatica, al servizio di quei pochi che la promuovono e promulgano frabbricando un falso immaginario collettivo. Quei pochi, se non svolgono una funzione politica o mediatica, sono spesso del tutto scevri da questo odio: si limitano a non sentire, non vedere, non parlare e, soprattutto: non pensare. Infatti non occorre loro abbiano pregiudizi, anzi è bene che non ne manifestino, purché la società sia ben indottrinata al loro mantenimento (in stile fai-da-te, pagando persino di più per esser cool).
Il compito del pensiero consiste nel re-introdurre, costantemente, un principio critico nel momento di crisi, per svelare le carte con le quali i pochi si giocano del nostro destino. Quando l’extracomunitario che vende accendini davanti al supermercato troverà un lavoro decente sarà anche il momento in cui la tipa lesbica della porta accanto potrà sposarsi, ci sarà una moschea in piazza e la paga mensile sarà più consistente per molti altri. Quando vediamo che vogliono dividerci è sempre più urgente unire le forze – e che il pezzo di pane azimo questa volta se lo becchino loro!

krinein: between critique and crisis.

Times of crisis divide people and nations so that gathering what is divided in this way constitutes the main task of the critical spirit. Both critique and crisis etymologically derive from the Greek krinein: to judge, to decide. This seems to suggest that to judge one must divide the way one must split, cut, in order to decide (de-caedere: cut-off). The Italian verb decidere follows the same derivation. But also in German ‘to decide’ (entscheiden) reveals a similar etymological matrix; in fact scheiden means ‘to divide.’

Do thinking and politics divide in the same way? Critical times pose some people against others, intensify and exacerbate the differences by creating chasms between individuals. The logic of homo homini lupus is sharpened on the principle of scarcity of resources, creating intestinal strife. Thus the political body cannot digest, grow, metabolize and transform anymore.
Divide et impera places the power of judgment (the dividing specific of the critical spirit) at the service of the command, thus negating individual and collective sharpness, insight and intelligence.

History teaches that critical situations actually bring people together, and when in need even the most bitter enemies help each other because the sum of forces results in their exponential multiplication making feasible for a collective force what is impossible for the individual. Yet we see that very often, and counterintuitively, times of crisis divide people. It is the story of the multiplication of bread and fish just upside down: if there is only one piece of stale bread everyone fights against everyone for this wretched piece. However, it is evident that not only one hundred people but even one person will die soon if there is really only one piece of bread to feed on and if we do not work together to farm more grain. Yet the established powers use this metaphor to play everybody against everybody and maintain their power firmly.

Today we see sexism, racism, xenophobia, transphobia, anti-Semitism, homophobia, Islamophobia ... emerge more and more violently in our society. It is certainly true that when the number of jobs is reduced, precluding women, homosexuals, trans… a free and equal competition for these chances reassures and strengthens many subjects. This is also the reason why, especially in times of crisis, legal system and social institutions should strengthen disadvantaged individuals’ empowerment, and it is even more absurd to hear some people complain that “there are other priorities.” The defense of those subjects on the bottom line is the top priority precisely when “everyone” is in trouble, because some suffer from the crisis much more than others.

These feelings of hatred, contempt and disdain for the “others,” bound to prejudices and violent phobias, are very often expressed not by the more affluent members of society, unless they are filling a political or media role, mirroring alleged reality, in which case, as representatives of the public opinion, they strive to deliver the highest resentment against the marginalized and oppressed, also whenever paradoxically nurturing a secret sympathy for them in their private or even when they occasionally happen to be members of one of these groups of outcasts. Individuals in the upper-middle, lower-middle and lower classes are those who very often give expression to this anger and hatred towards “the others.”

Very often some disadvantaged members of one group hate the other group, so for example it happens that homosexuals are racist, poor people might be xenophobic and so on. This is precisely the phenomenon of the struggle among the poor people for the single piece of bread: an entirely phantasmatic struggle, at the service of those few who promote and promulgate it fabricating a false imaginary. Those few, if they do not play a political or media role, are often entirely free from this hatred: they content themselves with not hearing, not seeing, not speaking and, above all, not thinking. In fact, they do not need prejudices, indeed it’s good if they manifest as less prejudices as possible, as long as society is well-indoctrinated to maintain them (DIY style: do it yourself, paying even more).

The task of thinking is to re-introduce constantly a critical principle in moments of crisis, to reveal the cards with which the few play with our own destiny. The time when the immigrant who sells lighters in front of the supermarket will find a decent job will also be the time when the lesbian girl next door can marry, there will be a mosque in the square and the monthly pay will be more consistent for many others. When we see that they want to divide us, it is high time and all the more urgent to join our forces – and let’s leave to them that piece of unleavened bread this time!

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