ALAIN BADIOU - BARBARA CASSIN
Heidegger: il nazismo, le donne e la filosofia
Il melangolo, 2010
Recensito da Dante Lo Cane (o chi sarà?)
Può un Piccolo uomo essere un Grande filosofo?
E’ questo un dibattito che ha appassionato in particolar modo i filosofi francesi, stante i rapporti preferenziali da sempre intercorsi tra la Francia e Martin Heidegger.
E questo è anche il tema di questo piccolo libro scritto a quattro mani proprio da due filosofi francesi di diversa scuola: Alain Badiou e Barbara Cassin. Barbara Cassin ebbe a frequentare il seminario del 1969, tenutosi a Le Thor, ed aveva quindi una conoscenza diretta e personale di M. H.
Note sono state le posizioni filonaziste e antisemite assunte da M.H. durante il periodo hitleriano, che lo portarono, finita la guerra, ad essere processato ed epurato. Posizioni che il filosofo ha successivamente, in qualche misura, tentato di minimizzare e “giustificare”; ma senza mai apertamente sconfessare.
La valutazione che gli Autori del libretto danno di M.H. e sostanzialmente nello stesso senso, anche se si distingue per aspetti di dettaglio non significativi, che i due espongono in alcuni intermezzi, denominati “controversie” e “ipotesi”, che frappongono nel testo con diverso carattere tipografico (corsivo), valutazione che si colloca in una posizione mediana: sì Heidegger è stato nazista, ma anche il più Grande filosofo del Novecento, con cui tutti debbono fare i conti.
Per comprendere questa piccola opera bisogna tener conto che deriva da una prefazione che gli AA. avevono fatto ad una scelta, curata dalla nipote Gertrude Heidegger, delle lettere che il filosofo aveva scritto in un lungo periodo di tempo alla moglie Elfride; prefazione di cui poi venne vietata la pubblicazione, per opposizione degli eredi di M.H., che ottennero la messa al macero dei volumi di corrispondenza, contenente la medesima e che, ampliata e rivista, viene ora pubblicata a parte, perché, come affermano gli Autori: “la prefazione, a differenza della corrispondenza ci appartiene”.
Poco spazio viene dedicato all’antisemitismo del filosofo; di questo solamente poche tracce infatti emergono dalle lettere. E non tanto perché da parte della nipote sia stato operata una censura preventiva, ma probabilmente in quanto i coniugi Heidegger, di comune intesa, decisero di distruggere le lettere più compromettenti. La stessa nipote del resto, nel premettere che , al fine di evitare erronee supposizioni, ha deciso di pubblicare tutte le lettere del periodo dal 1933 al 1938, ossia al periodo di ascesa al potere di Hitler, non può escludere che molte siano state perdute o distrutte.
Buona parte dell’opera è dedicata, com’è anche naturale, date le circostanze che l’hanno occasionata, al rapporto con le donne ed in particolare con la moglie e con Hannah Arendt, che tra le molteplici amanti (prevalentemente giovani studentesse affascinate dal Professore) è stato il rapporto più importante e duraturo nel tempo.
Al riguardo dei rapporti con le donne nel libretto viene svolto un interessante parallelo tra la coppia francese Sartre-Beauvoir e la coppia Heidegger, che presenta, pur tra notevoli differenze, anche molte analogie sia nello svolgimento del rapporto che per l’ampia libertà all’interno della coppia. Si apprende, ad esempio, che il terzo figlio del filosofo, nato nel 1920, e stato concepito e nato dopo il matrimonio, avvenuto nel 1917. Sono gli anni Venti, “gli anni folli, quando i vecchi costumi vacillano… E’ il terreno dell’esistenzialismo”.
Certo da questo piccolo libretto la figura umana ed i comportamenti di M.H. non ne escono bene; ma quanto conta tutto ciò per l’opera del filosofo?
La conclusione, anche provocatoria e paradossale, è che: “Heidegger è certamente un grande filosofo che è stato anche, nel contempo, un nazista tra i tanti. Questo è quanto. Che la filosofia si arrangi! Non se la caverà né con la negazione dei fatti, né con la scomunica. Siamo qui agli estremi dialettici, che si possono, che si possono definire esistenziali, della grandezza del pensiero e della piccolezza della convinzione, della capacità creatrice a dimensione universale e della particolarità ottusa di un professore di provincia”.
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